Oggi i bambini si trovano immersi in un contesto dove la competizione è presente ovunque: nello sport, nei passatempi e persino sui social. Ma è importante domandarsi se questa costante spinta a eccellere sia davvero adatta alla loro età. In realtà, la competizione non è innata nei più piccoli, ma viene appresa osservando e imitando il comportamento degli adulti.

I bambini assorbono ciò che vedono attorno a sé e tendono a ripetere atteggiamenti per ottenere approvazione e affetto, non per desiderio personale di primeggiare. Per questo, è compito degli adulti evitare che crescano sentendosi costantemente in gara con gli altri.

La competizione, se proposta in modo equilibrato, può anche avere risvolti positivi: può diventare uno stimolo utile per aiutare i bambini a mettersi alla prova e scoprire le proprie capacità. Tuttavia, è importante non trasformarla in una fonte di stress. I bambini non hanno bisogno di premi o riconoscimenti: vogliono giocare, esplorare e vivere la loro età con leggerezza.

Sempre più spesso, invece, si vedono bambini spinti a diventare dei “piccoli campioni” per soddisfare le aspettative degli adulti, spesso senza che questi se ne rendano conto. Questo può compromettere la serenità dell’infanzia e generare insicurezze e ansie nei più piccoli.

L’infanzia è un tempo prezioso e irripetibile. Ogni genitore dovrebbe riflettere su ciò che realmente guida le proprie scelte educative: il bene del figlio o i propri desideri inappagati? Solo offrendo amore, ascolto e libertà i bambini potranno crescere felici e diventare adulti consapevoli e sicuri di sé.